Via dalla città

Se mancano le competenze, informazioni e conoscenza come ci dice a Milano Filippo Tantillo (che del programma “Aree interne” è coordinatore), è difficile andare oltre una sorta di sindacalismo rivendicativo di territori ancora chiusi nei paradigmi del passato. Perché quel che viene dal basso e dall’alto molto spesso si assomigliano. Così le rivendicazioni dei territori si riducono alla richiesta di deroghe. Anche questo vuoto è solitudine.

Siamo scesi a Milano, anche se l’ambientazione del nostro incontro è la dimensione rurale di una vecchia cascina nel cuore della città. Alla “Cuccagna” il rischio è che la fatica della montagna non venga percepito, anche se il nostro dialogo si arricchisce di nuove voci a testimonianza che siamo nel mezzo della contraddizione. Visto da qui mi sembra che il pessimismo non possa che prevalere. “Via dalla città” – oltre ad essere il titolo del bel libro di Maurizio Dematteis – è anche una sorta di spostamento di sguardo, un riposizionamento senza il quale l’insostenibilità diventerà rancore, una clava contro chi ci insidia nelle nostre sicurezze.

È quel che facciamo dopo aver avuto conferma che nella città tutto è fuori di “misura”, insostenibile. Anche un piatto di pasta. Ci aspetta un rifugio alpino nel cuneese, dove tutto è più faticoso ma dove c’è qualcuno che questa “misura” prova a ricercarla.