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Dalla Catalunya al Trentino. Indipendenza e autonomia. Federalismo europeo. Sovranità da condividere e un pugno che deve farsi carezza.

Abbiamo deciso di intraprendere un viaggio dentro la crisi politica catalana dopo esserci chiesti – a metà dicembre scorso – quale potesse essere il ruolo dell’Autonomia nella delicata fase che sta vivendo l’Europa. Siamo arrivati a Barcellona mentre sei indipendentisti catalani entravano in carcere o erano costretti all’esilio. Sulla via del ritorno abbiamo appreso che Carles Puigdemont era in stato di arresto e si andavano formando le prime manifestazioni di solidarietà e protesta nelle piazze catalane.
Questo il contesto nel quale ci siamo mossi, tra incontri con partiti politici e conversazioni con soggetti sociali e culturali. Un contesto che, visto lo spropositato utilizzo della carcerazione preventiva da parte dello Stato spagnolo, rischia di veder chiudersi ogni possibilità di dialogo politico, favorendo una maggiore polarizzazione delle posizioni in campo e attivando una crescente radicalizzazione dei metodi di lotta da un lato e di tentativo di reprimerli dall’altro.

Isola Catalunia

di Davide Buldrini

Vorrei dire un paio di cose riguardo ciò che sta accadendo in Spagna a causa del referendum (illegale) per l’indipendenza della Catalonia. Non ho nessuna intenzione di entrare nel merito della questione, ma vorrei fornire un’idea originale su come affrontare questo tipo di tensioni, chiamiamole così, neo-regionaliste. Lo voglio fare perché credo che per questioni come questa, che riguardano il territorio, l’identità e la prossimità del governo dei cittadini, sia necessario un approccio nuovo, lungimirante e laterale. Un approccio che, come direbbe Alex Langer (ma anche il mio amico Federico Zappini), non crei muri e scontri ma ponti e scambi.