Categoria: Itinerari

Cracovia

Dal meriggio alla mezzanotte. Programma

Il 14° itinerario del “Viaggio nella solitudine della politica”

6 – 14 settembre 2023

La fine degli imperi e il delirio degli Stati nazionali.

Fra gli splendori e le macerie del Novecento

L’ultimo degli itinerari del “Viaggio nella solitudine della politica” – quando la pandemia sembrava essere archiviata – ha avuto come teatro l’Andalusia. Una meta pensata da tempo come un’immersione in quel tratto di Europa che fu protagonista nel Medio Evo di un movimento di cultura e di pensiero che, a guardar bene, fu alle radici del Rinascimento europeo.

All’attraversamento mediterraneo dobbiamo infatti gran parte delle conoscenze e dei saperi che venivano da Oriente, quando l’età dell’oro aveva come epicentro grandi città come Damasco e Baghdad. Una verità rimossa o cancellata insieme ai roghi dell’immenso patrimonio di biblioteche e di volumi della tradizione amanuense che ornavano città come Siviglia, Granada, Toledo e Cordoba, quest’ultima (definita l’ornamento del mondo) – con i suoi 450 mila abitanti nell’anno 1000 – la più grande città europea (e a livello mondiale, seconda solo ad Angkor in Cambogia).

Quello in Andalusia, sulle orme del Califfato di al-Andalus e del Don Chisciotte, grazie anche alla colonna sonora del libro di Maria Rosa Menocal “Principi, poeti e visir” che ci ha accompagnati, ha rappresentato un momento cruciale del viaggio iniziato nell’aprile del 2017 attraverso l’impatto delle crisi sugli ecosistemi e alcuni dei limes che segnano la modernità. Un itinerario per molti versi ineludibile, se vogliamo comprendere la storia contemporanea, le sue radici, le connessioni, i deliri, le derive che hanno segnato il nostro tempo. Parliamo dell’insorgere dei nazionalismi, della tragedia delle guerre mondiali, della fine degli imperi e dell’imporsi degli stati-nazione, ma anche dell’immenso cimitero che segna quotidianamente il Mediterraneo, dell’infelicità araba e del vivere in sottrazione pur in un mondo sempre più interdipendente. Ed è proprio questo l’elemento che ispira il nuovo itinerario – il quattordicesimo dall’inizio di questa avventura – che ci proponiamo di realizzare nel mese di settembre.

Un anno fa concludemmo il viaggio in Andalusia con una visita al borgo provenzale di Lourmarin, dove riposano le spoglie di Albert Camus, uno dei più grandi e fervidi tragitti umani e di pensiero del Novecento, portando un fiore sulla sua ultima dimora. Nelle ultime pagine de “L’uomo in rivolta” – l’opera con cui sancì la rottura definitiva con lo stalinismo, con Sartre e la sinistra francese – Camus ci propone un capitolo intitolato “Il pensiero meridiano” nel quale descrive il conflitto fra l’ideologia tedesca e lo spirito mediterraneo con queste parole:

«L’Europa non è mai stata altrimenti che in questa lotta fra meriggio e mezzanotte» 1.

Vorremmo ripartire da qui, dal pensiero solare dove «la natura è sempre stata equilibrata al divenire» nel confronto con l’ideologia che incarna «venti secoli di vana lotta contro la natura». In un viaggio attraverso la caduta degli imperi e l’affermarsi dei nazionalismi, quel delirio che – malgrado il secolo degli assassini e degli orrori (andremo a visitare Auschwitz e i luoghi del fronte orientale delle due guerre mondiali dove persero la vita intere generazioni di giovani europei) – ancora trova nuovo vigore nel vento sovranista che attraversa l’Europa.

La non elaborazione del passato e l’incertezza verso un futuro nel quale vengono al pettine crisi strutturali e interconnesse (policrisi), fa sì che questo nostro tempo sia segnato da un lato dalla paura che ci chiude in noi stessi e che ci rende aggressivi e, dall’altro, dal venir meno delle istituzioni politiche sovranazionali di cui avremmo oggi più che mai bisogno ma che si rivelano sempre più incapaci e inadeguate a fornire risposte. Fra queste l’Europa, schiacciata fra l’insorgere dei nazionalismi e la chiamata alle armi nella disputa fra Oriente e Occidente, con l’effetto di costringere il dibattito politico fra neoliberismo e totalitarismo.

Tornare sui luoghi cruciali che hanno segnato il Novecento ha dunque il significato di allargare lo sguardo, di prendere la distanza che ci possa aiutare a mettere a fuoco il presente, di rileggere Musil, Matvejevic, Kafka, Eco, Levi, Camus… ma anche di annusare l’aria e ascoltare il vento per le strade delle città di questa nostra Europa.


Qui di seguito il programma di massima.

Primo giorno

Trento – Regensburg (Ratisbona) – Praga 690 km

L’uomo senza qualità e il tramonto degli imperi

L’incontro con il Danubio, il fiume della melodia

Breve visita alla città di Regensburg

La Boemia

Pernottamento Praga


Secondo giorno

Praga 0 km

Cosa rimane del Novecento.

Omaggio alla scrittura (Franz Kafka, Milan Kundera)

La primavera

Vlaclav Havel e la rivoluzione di velluto

Pernottamento Praga


Terzo giorno

Praga – Auschwitz – Cracovia 537 km

Visita al campo di sterminio di Auschwitz

L’antica capitale

Il novecento polacco

Solidarnosc

Pernottamento a Cracovia


Quarto giorno

Cracovia

Visita alla città

Cracovia – Przemysl 249 km

La fortezza al confine, i cimiteri

Eventuale visita a Leopoli-Lviv (Ucraina) 96 km

Pernottamento a Przemysl


Quinto giorno (salvo parentesi Leopoli)

Przemysl – Szentrende (Budapest) 492 km

La bella cittadina artistica sul Danubio

Pernottamento a Szentendre


Sesto giorno

Budapest 0 km

Visita alla città in battello attraverso il Danubio

La città della rivolta ungherese

Pernottamento a Szentendre


Settimo giorno

Szentendre – Györ – Bratislava (Pressburg) 202 km

La città danubiana di Györ

La piccola Vienna

Pernottamento a Bratislava


Ottavo giorno

Bratislava – Vienna 79 km

Visita alla città

Pernottamento a Vienna


Nono giorno

Vienna – Artstetten – Salisburgo – Trento 350 km

Viaggio di ritorno

Il genio della musica (W.A. Mozart)


Sono in corso di preparazione:

  • le schede storico – geografiche dei paesi e delle città che visitiamo
  • gli spunti letterari che il viaggio propone.

I viaggiatori disporranno di una biblioteca consultabile che si offrirà alla lettura collettiva (vedi Bibliografia allegata)

Per saperne di più telefonare al 347 4098578

  1. Albert Camus, L’uomo in rivolta. Gallimard, 1951 – Bombiani, 1957

Sulle tracce di Al Andalus e del Don Chisciotte. Programma

Viaggio nella solitudine della politica. Tredicesimo itinerario.

Andalusia. Sulle tracce di Al Andalus e del Don Chisciotte

22 aprile 2022 – 2 maggio 2022

«Il palcoscenico costruito da Cervantes era affollato da versioni diverse della domanda se le cose possano mai essere quelle che sembrano, che affermano di essere,  che vogliamo che siano, che ad altri occorre che siano»

Maria Rosa Menocal, Principi, poeti e visir

Mi sono interrogato più volte se fosse il caso di proporre – malgrado tutto quel che accade intorno a noi – un ennesimo viaggio. Pandemia, crisi climatica, guerre ci potrebbero indurre ad attendere tempi migliori. Il fatto è che il tempo migliore viene considerato quello della normalità, ovvero il contesto nel quale l’intreccio delle crisi che stiamo attraversando ha trovato il proprio retroterra materiale, culturale e politico. Ovviamente valuteremo nelle prossime settimane quali saranno gli sviluppi degli avvenimenti, ma anche questo nostro immergerci nella storia europea e mediterranea lo vorrei considerare come una risposta a chi ci ripropone – in queste ore di guerra – lo scontro di civiltà. E poi non vorrei cedere ad un’emergenza che diviene infinita, perché non sappiamo leggere in altro modo il presente. 

Ecco perché – salvo ostacoli insormontabili – vorremmo di nuovo metterci in viaggio. Uso il plurale, perché questi viaggi sono stati un agire collettivo, una forma di “presenza al proprio tempo” o anche occasioni di formazione, che hanno a loro volta prodotto pensiero e relazioni, diari e libri ed altro ancora.

Abbiamo imparato che ogni terra è un caleidoscopio sul proprio tempo. Lo è andando a rileggere il passato che, quando non elaborato, incombe sul presente. Lo è per quanto ha saputo condensare nella modernità. Lo è infine nella capacità di far vivere il futuro nel presente.

Se ci pensiamo, tutti i precedenti itinerari di questo nostro “Viaggio” hanno cercato di interpretare altrettanti limes, come a far scorrere avanti e indietro la macchina del tempo alla ricerca dei nodi gordiani di un secolo con il quale non abbiamo saputo fare i conti, ancora ingombro dei pensieri e dei paradigmi di una storia finita.

Ancora ci mancavano alcuni passaggi cruciali. Lungo le rotte mediterranee fra l’Europa, l’Africa e il vicino Oriente, alla ricerca di ciò che rimane delle “primavere arabe”. Lungo il cuore di tenebra del progresso, fra la regione del carbone e del ferro contesa nella prima guerra mondiale, il mito della razza che portò ai campi della morte e il delirio dell’homo faber che ha nell’“Arbeit mach frei” e nel controllo dell’atomo i suoi tragici simboli. E infine il passaggio che ci racconta di quando Europa volse il proprio sguardo verso occidente, come a voler rompere il cordone ombelicale che la tratteneva alla Mezzaluna fertile del Mediterraneo.

E’ quest’ultimo un itinerario concettuale prima ancora che fisico quello che ci porterà ad aprile in Andalusia, per toccare tre aspetti che meglio di altri crediamo possano trasmetterci qualcosa dalla storia e dal presente di questa terra.

Il primo ci fa viaggiare all’indietro fino al califfato di Al-Andalus e alla presenza araba in Europa, per conoscere i caratteri di una storia finita nell’oblio. E mette a fuoco il primo di questi tre aspetti: l’integrazione. Una società aperta al sapere che vede convivere ed integrarsi le diverse culture, araba, cristiana, ebraica e la conoscenza che veniva da Oriente (da Damasco prima e da Baghdad in seguito) fino a favorire il rinascimento europeo.

La città che irradiava il Movimento di traduzione in Europa era Cordoba. Nella Grande Moschea, la Mezquita, il bosco di colonne moltiplica lo spazio, in un gioco di perfezione che richiama la matematica e l’architettura. I racconti sulla città di Medina Azahara e sul palazzo oggi in rovina, ci dicono quali potessero essere le passioni e le ambizioni dei califfi dell’epoca. In città si conserva il quartiere ebraico della Juderia, a suo tempo centro della città, dove nacquero i filosofi come Averroè e Maimonide.

C’è un’aria di mistero fra queste vie e questi palazzi: il rogo dei libri lascia il segno in ogni tempo e oltre. Incantati dalla grazia delle decorazioni, respiriamo il colore nell’aria. Uscendo nei giardini, allo scorrere leggero dell’acqua, tra le ombre portate dalla luna, la mente si espone al gioco che ferma il tempo, e anzi lo riporta indietro a mille anni prima.

L’Alhambra, complesso costruito nel XIV secolo nella città di Granada, è la massima espressione dell’arte moresca: vi si coglie il mormorio dei pensieri di un popolo colto. E’ un’arte che non celebra conquiste, né esprime grandezza. Ma racconta attraverso una ricca simbologia, avendo preclusa la ricchezza espressiva dell’iconografia. Parla ai cuori col linguaggio dell’amore. Ricerca l’armonia unendo la geometria alla poesia. In questo anticipando di cento anni il Rinascimento fiorentino.

La contaminazione, il secondo degli aspetti che indagheremo nel corso del viaggio, la ritroviamo nell’Alcazar di Siviglia, una delle massime espressioni dello stile mudejar, opere realizzate da architetti di fede islamica, rimasti in Spagna dopo la riconquista da parte dei re cattolici. A loro fu permesso di mantenere cultura, fede e religione. I musulmani, i moriscos, invece furono costretti nei primi anni del ‘500 a convertirsi al cristianesimo, fino ad una loro definitiva cacciata nei primi anni del XVII secolo. Ma lo stile mudejar è diverso: la simbologia islamica è sostituita da simboli cristiani, l’ambiente perde calore, il rigore prende il posto della grazia.

E’ come un passaggio di testimone. Gli arabi vanno via e attorno all’anno 1400 arrivano i gitani, fuggiti dall’India a causa di altre persecuzioni. Stanziatisi in Andalusia uniscono le vecchie tradizioni del canto, del ballo e della musica andalusa alle loro tradizioni orientali dando vita al cante jondo, canto privo di armonia e di ritmo metrico nella linea melodica, ricco di pathos, dove piange la melodia come piangono i versi.Dall’incontro tra lo stile del canto andaluso non gitano e lo stile gitano nascerà, nell’ottocento il flamenco. Nel flamenco si ritrovano ritmi moreschi, ispanici e afro e l’influenza della musica cubana, attraverso gli stili denominati di Ida y Vuelta (andata e ritorno con le colonie spagnole).

Ci siederemo in qualche locanda di Jerez o al Sacromonte e se saremo fortunati ascolteremo un canto improvvisato a botta e risposta. Ascolteremo in qualche peñadi Triana una siguiriya gitana, una canzone tipica del cante jondo, un grido terribile, un grido che divide il paesaggio in due emisferi ideali. E’ il grido delle generazioni morte, l’acuta elegia dei secoli scomparsi, è la patetica evocazione dell’amore sotto altre lune e altri venti che ricorda il lungo esilio gitano, l’allontanamento dalle loro terre orientali, come canta Garcia Lorca. Perché la storia è storia di migrazioni, fino ai giorni nostri. E popoli come gli ebrei, gli armeni, i gitani raccontano l’attaccamento alla loro cultura.

Nel 1922 per recuperare la tradizione autentica del cante gitano viene organizzato a Granada, ad opera di una serie di intellettuali, il Concurso del Cante Jondo. E’ promosso da Federico Garcia Lorca, Manuel De Falla, Joaquin Turina, Rafael Alberti, Juan Ramon Jimenez, Andres Segovia.

Chi non si ritrova nella riduzione della complessità e della contaminazione è Don Chisciotte che ingaggia una battaglia a difesa degli antichi valori del cavaliere errante, l’ordine morale della bontà offesa. E non si avvede della trasformazione che sta avvenendo nella società, l’ultimo degli aspetti del nostro viaggio. Don Chisciotte, non comprendendo la trasformazione, si inganna. Si ritrovò a vivere «in un mondo di specchi deformanti creati da tutta una serie di editti che imponevano di professare palesi falsità, una condizione di follia autodistruttiva degna del genio letterario di Cervantes». Lui sa bene, come Sancho Panza sa bene, come sono le cose, ma per lui è importante trovare le somiglianze con quello che lui ha nella testa, con quello che vorrebbe che siano, e credere che queste somiglianze siano ancora la realtà. Una follia letteraria. Una follia necessaria.

Don Chisciotte è l’eroe della bontà: gli ideali si servono ma non ci possono mai servire. E questo lo pone fuori dal tempo, ieri come oggi.

Cervantes affianca a Chisciotte l’umile Sancho, un compagno di avventura. Sancho serve al racconto per alternare al sogno di Chisciotte la realtà, all’ideale le ragioni immediate. Lo scrittore sembra dire che è Don Chisciotte non solo chi sposa gli ideali, ma anche chi vive solo nell’azione: la realtà provvede a sconfessare e a deludere il primo, ma a bastonare, senza neanche il conforto di aver combattuto per un’idea, anche il secondo. Forse, sembra suggerire Cervantes, è bene ricordarsi di scambiare le parti ogni tanto, essere un po’ l’uno e un po’ l’altro.

Il Don Chisciotte viene scritto qualche anno prima dell’editto reale che mette al bando i moriscos (1609 – 1614) di tutta la Spagna costringendo all’esilio 300.000 moriscos spagnoli. Lo stesso Cervantes usa come escamotage raccontare del ritrovamento di un manoscritto in arabo che si fa poi tradurre. Cervantes è vissuto in Andalusia: a Siviglia è stato imprigionato; a Siviglia ha ambientato racconti.

L’Andalusia è la metafora dell’Europa, degli attraversamenti che l’hanno plasmata, delle pulizie etniche che hanno segnata nel volerne ridurre la complessità e il valore sincretico.

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I luoghi

Visiteremo Siviglia, Cordova, Granada, Ronda, Jerez, Cadice. Stiamo valutando Toledo.

Ci inoltreremo nel mondo affascinante dei palazzi (https://www.youtube.com/watch?v=MYULZH12lQM) e in quello della musica (https://www.youtube.com/watch?v=XPYONlEjBBw), nei passaggi della storia (https://youtu.be/cEsN3pdE7e4) e dell’illusione ottica (https://www.youtube.com/watch?v=pUR2QxLJRE8), di quanto accadde con l’inquisizione (https://youtu.be/byQsL1qlNxU) e nel Novecento (https://youtu.be/-Ueymk0JW5Y).

Il viaggio (22 aprile – 2 maggio 2022)

Per alcuni partecipanti che lo desiderano prevediamo la prenotazione in aereo su Siviglia. Prevediamo comunque di partire in pulmino un giorno prima e rientrare un giorno dopo. Comunque due giorni se ne andrebbero di spostamento anche andando in aereo. Se siamo un numero maggiore di nove persone dovremmo per forza dotarci di un altro mezzo che possiamo noleggiare in loco. Le distanze fra le varie città dell’Andalusia non sono eccessive per cui anche le percorrenze in pulmino saranno piuttosto brevi.

Ai partecipanti verrà consigliata una bibliografia.

Stiamo verificando se lungo il viaggio c’è la possibilità di intercettare manifestazioni culturali (concerti o spettacoli, magari nei giardini dell’Alhambra o dell’Alcazar di Siviglia, sarebbe un sogno).

Lungo il viaggio contiamo di darci dei momenti di riflessione, tanto sulle cose che andiamo a conoscere quanto sulle modalità del nostro viaggiare. I partecipanti previsti sono max 15.

Per la partecipazione è necessario il Green pass rafforzato.

Per prenotare e avere ulteriori informazioni: contatti@michelenardelli.it oppure chiamare il 347 4098578

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Programma provvisorio


Giovedì 21 aprile (viaggio) e Venerdì 22 aprile (Siviglia)

Partenza dall’Italia con destinazione Siviglia. Chi partirà con il pulmino inizierà il viaggio al mattino del 21 aprile, così da essere a destinazione (Siviglia) alla sera del 22.

Abbiamo considerato Siviglia come punto di partenza. Possiamo scegliere di dormire nel centro storico, ovvero nel barrio Santa Cruz (pittoresco ma rumorosissimo e senza parcheggi) oppure a Triana, l’ex barrio gitano dall’altra parte del Guadalquivir, comunque sempre a pochi passi dal centro storico.

Sabato 23 aprile e Domenica 24 aprile – Siviglia

Visita alla città e alle attrazioni principali (Alcazar https://www.andalusiaspagna.com/siviglia/cosa-vedere-siviglia/alcazar/, Giralda, Cattedrale, Maestranza https://www.viaggioinandalusia.it/arena-siviglia-real-maestranza/ ecc). Prevediamo una visita all’Archivio delle Indie, dove sono custoditi tutti i documenti sui viaggi da e verso le colonie a partire da Colombo. C’è da vedere anche una bellissima mostra sui pirati. https://www.andalusiaspagna.com/siviglia/cosa-vedere-siviglia/archivo-de-indias/

Pernottamento Siviglia 3 notti.

Lunedì 25 aprile e Martedì 26 aprile – Cordova

Completeremo la visita a Siviglia e ci trasferiremo a Cordova (distanza 145 km).

La città è molto bella e si gira bene in una giornata e mezza. Da non perdere assolutamente la Mezquita https://mezquita-catedraldecordoba.es/en/, che da sola vale tutto il viaggio. Visita alla Madinat al-Zahra (https://www.scopricordova.com/madinat-al-zahra), l’antica capitale degli arabi (in rovina), appena fuori città.

Pernottamento Cordova 2 notti.

Mercoledì 27 aprile e Giovedì 28 aprile – Granada

Trasferimento a Granada (distanza 206 km).

Granada è oggi la città più araba (l’ultima Tajfa a cadere). La città è impegnativa per le molte cose imperdibili. A partire dall’Alhambra, che da sola porta via almeno mezza giornata https://www.alhambradegranada.org/it/info/bigliettialhambra.asp). Da vedere, a parte la cattedrale e i monumenti, i quartieri di Sacromonte e Albaycin, dove potremmo pernottare. Se sono aperti, varrebbe la pena vedere i bagni arabi https://www.spain.info/it/scoprire-spagna/granada-bagni-arabi/ . Pernottamento a Granada.

Pernottamento Granada 2 notti.

Venerdì 29 aprile – Ronda

Trasferimento a Ronda (178 km)

Ronda https://www.andalusiaspagna.com/costa-del-sol/ronda/ è molto bella, potremmo pernottare lì per poi fare un breve tour di alcuni dei pueblos blancos nella Sierra di Grazalema (https://www.andalusiaspagna.com/costa-del-sol/parque-natural-sierra-de-grazalema/), scendere verso Arcos de la Frontera e magari da lì, sempre attraverso la campagna arrivare a Vejer de la Frontera https://www.andalusiaspagna.com/costa-de-la-luz/vejer-de-la-frontera/

Pernottamento Ronda 1 notte.

Sabato 30 aprile e Domenica 1 maggio – Cadice e Jerez de la Frontera

Trasferimento a Cadice (182 km)

Cadice, la “città che sorride” (il suo carnevale è molto popolare) e anche la città più antica d’Europa. Meravigliosa. https://www.andalusiaspagna.com/cadice/

A Jerez, oltre alla visita della città e dei suoi quartieri più tradizionali, possiamo anche provare a visitare una delle tante cantine locali. Alcune sono particolarmente interessanti come ad esempio Tradicion https://bodegastradicion.es/es/historia/dove si può vedere anche una piccola ma straordinaria esposizione di quadri. A Jerez riusciremo quasi sicuramente a vedere uno spettacolo di flamenco, quello “vero”, un’esperienza che non si può evitare in questa parte dell’Andalusia.

Pernottamento a Jerez o a Cadice 2 notti

Lunedì 2 maggio – Da Cadice / Jerez a Siviglia. Il ritorno.

Partenza per l’Italia in aereo e in pulmino. Per chi viaggia in pulmino il ritorno in Italia è previsto per la tarda serata del 3 maggio.

Da Oriente a Occidente, lungo gli scogli in cui si è incagliato il progetto politico europeo

Considerazioni sull’undicesimo itinerario del “Viaggio nella solitudine della politica”

Michele Nardelli

Quattromilaseicentonove chilometri, sedici frontiere attraversate di undici diversi paesi europei e due fusi orari, almeno una dozzina di città dove ci siamo fermati, non meno di sette lingue ascoltate come sette sono state le monete correnti scambiate, quindici sono stati i viaggiatori (otto donne e sette uomini[1]) di sei diverse regioni italiane…

Potrebbero bastare questi numeri per descrivere l’undicesimo itinerario del “Viaggio nella solitudine della politica”, certamente anche la fatica di comprimere tutto questo in dodici giorni, talvolta appena sfiorando luoghi che avrebbero meritato ben altra attenzione. Che pure abbiamo cercato di colmare negli spazi di conversazione, nelle letture dedicate (a partire dalla nostra piccola biblioteca mobile composta di oltre quaranta volumi e di numerose schede preparate) e nelle considerazioni emerse durante i nostri spostamenti.

Roma e Bisanzio. Guardando la Mezzaluna fertile. Programma

Storia, culture e ibridazioni nello spazio mediterraneo

(27 settembre – 8 ottobre 2019)

Venezia – Senj – Sarajevo – Dubrovnik – Kotor – Salonicco – Istanbul – Nis – Belgrado

Viviamo in un ingorgo che si fatica a decifrare. Una difficoltà che non è solo l’esito della complessità in un tempo sempre più interdipendente, ma del venire a galla dei grandi nodi che l’umanità aveva erroneamente affidato alle magnifiche sorti e progressive.

Dopo Vaia. Un reportage de «La Nuova Ecologia» sul nostro ultimo itinerario

A sei mesi dal ciclone che  il 29 ottobre ha investito le foreste dolomitiche e carniche, sradicando 14 milioni di alberi, “La Nuova Ecologia” è tornata sulle Alpi orientali. Per raccontare gli effetti del clima che cambia, anche in montagna. E capire se ci stiamo attrezzando per il futuro. Un reportage di Fabio Dessì pubblicato sull’ultimo numero del mensile di Legambiente “La Nuova Ecologia” dedicato al decimo itinerario “Esiti del cambiamento climatico” del “Viaggio nella solitudine della politica”.
di Fabio Dessì